Una vecchia pompa di benzina sullo sfondo di una casa esposta al sole pomeridiano: questa foto
che potrebbe uscire dal fotogramma di un film sulla grande depressione o essere il soggetto di un
dipinto di Hopper è invece la copertina di Stains On A Decade (2003) l’antologia che raccoglie i
singoli più significativi della decennale attività dei Felt, una delle più sottovalutate e dimenticate
band inglesi degli anni Ottanta. I Felt furono un gruppo tanto originale quanto fuori posto nell’era
del punk, del post-punk e del synth-pop. Il loro rock chitarristico sofferto, intricato, autunnale era
quanto di più lontano dallo stile chiassoso prevalente dell’epoca. Si formarono nel 1979 a
Birmingham grazie all’incontro fra l’eccentrico leader Lawrence (Hayward; voce e chitarra), il
chitarrista Maurice Deebank e il batterista Gary Ainge. L’interplay fra le chitarre di Lawrence e
Deebank debitore del jingle jangle dei Byrds riprendeva le autoflagellazioni dei Television
sovrapponendola al canto attonito (clonato da Lou Reed) e alle liriche enigmatiche di Lawrence.
L’antologia si apre col primo fiabesco singolo Something Send Me To Sleep (1981)che procurò loro
la prima notorietà, seguito dal suggestivi Trails Of Colour Dissolve (1982) e Penelope Tree (1983;
con riff alla Duane Eddy) che si ponevano fra gli EP Crumbling The Antiseptic Beauty (1981) e The
Splendour Of Fear (1984) che imposero il loro tipico sound minimale, cristallino propulso dai riff
fratturati di Deebank e dalle catalessi vocali di Lawrence. Il radioso singolo estivo Sunlight Bathed
The Golden Glow, il suo sognante lato B Fortune, il folk arioso di Dismantled King Is Off The Train
appartiene al periodo di The Strange Idols Patterns And Other Short Stories LP (1984) che fondeva
pop e tono trascendente mentre la lisergica Primitive Painters (1985; con Elisabeth Fraser dei
Cocteau Twins alla voce)che divenne un hit di classifica appare su Ignite The Seven Cannons. Poco
dopo Deebank che all’epoca era all’apice delle sue capacità se ne andò e venne sostituito dal
tastierista Martin Duffy (già ospite in Ignite…) le cui tastiere divennero l’architrave della seconda
fase della carriera dei Felt aperta dall’EP Ballad Of The Band (da cui viene ripreso l’incalzante title-
track e il folk byrdsiano di I Didn’t Mean To Hurt You) seguito dal mini-LP totalmente strumentale
Let The Snakes Crinkle their Heads To Death. L’EP Rain Of Crystal Spires (da cui viene ripresa la fuga
accorata di I Will Die With My Head In Flames e il brioso surf di Sandman’s On The Rise Again) e
l’album Forever Breathes The Lonely Word sono gli esempi più riusciti di questo periodo (1986)
mentre i successivi Poem Of The River e l’EP The Final Resting Of The Ark (1987;da cui provengono
riprese le ballate della title track e il suo retro There’s No Such Thing As A Victory) sono già lavori
più sperimentali impegnati a cercare una migliore fusione fra la chitarra di Lawrence e le tastiere
di Duffy. I successivi lavori del 1988 The Pictorial Jackson Review e Train Above The City furono
confusi e inconsistenti; meglio l’EP Space Blues (da cui viene estratta la trance di Be Still, e il funky
con intermezzi esotici della title-track). Aumentando il tasso di trascendenza delle composizioni
dei Television, i Felt erano pervenuti a quel mix di musica leggera e new age non molto distante
dagli Aztec Camera e dagli Smiths che permea l’ultimo lavoro del gruppo Me And The Monkey On
The Moon (1989). Stains On A Decade comprende 13 brani di cui 11 sono singoli mai apparsi in LP
e ristampe (e quelli già apparsi su LP sono versioni diverse): sono un’occasione irripetibile per i
fans e per i neofiti desiderosi di conoscere questa misconosciuta band.
Per chi volesse approfondire la conoscenza può comprare gli LP (che però non sono facilmente
reperibili) o le compilation Goldmine Trash (1987)e Absolute Classic Masterpieces vol. 1 (1992)sul
primo periodo (quello con Deebank) e Bubblegum Perfume (1990) e Absolute Classic Masterpieces
vol.2 (1993) sul secondo periodo (con Duffy) che sono già più rintracciabili.
di Alfredo Cristallo