Bologna Violenta è il moniker dietro cui si cela il polistrumentista trevigiano (diplomato in violino)
Nicola Manzan. Il suo progetto parte nel 2005 con l’EP omonimo prodotto in digitale e distribuito
in free download e con una musica sistematicamente priva di melodie dove il rumore e la
formazione classica di Manzan si compenetrano a tal punto da risultare indistinguibili fra di loro
ma mantenendo tuttavia un linguaggio ferocemente espressivo: 27 pezzi stipati in 15 minuti
(durano tutti 26 secondi) di riff di chitarra iperdistorta dedicati alla filmografia poliziesca di serie B
degli anni ’70 (in copertina c’è Maurizio Merli attore icona del genere). Il secondo album Il
Nuovissimo Mondo esce nel 2010 ed è dedicato ai mondo-movie (un sottogenere cinematografico
degli anni Settanta voyeuristico e iperrealista al limite del sadismo visivo) in cui convergono
teatralità, cyber-punk e hardcore. Il terzo album Utopie E Piccole Soddisfazioni anch’esso zeppo di
piccole miniature industrial noise è un’opera di accurata archeologia musicale (canti gregoriani, un
discorso di Saragat del 1967). Il nuovissimo album Uno Bianca (2014) è un concept il cui
argomento è se possibile ancora più terribile; tanto più in quanto si riferisce a un pezzo di storia
italiana, un romanzo criminale che insanguinò le strade dell’Emilia Romagna nel periodo che va dal
1987 al 1994. Con l’appellativo di banda della Uno Bianca ci si riferisce a un’organizzazione
criminale ( 6 persone di cui ben 5 membri delle stesse Forze dell’ordine) protagonista efferata di
103 fra rapine e agguati sanguinosi che provocarono 24 morti e un centinaio di feriti. Ad essere
rapinati furono caselli autostradali, uffici postali, supermercati, distributori di benzina, banche
mentre obiettivo degli agguati furono campi rom, extracomunitari e pattuglie della polizia. Dietro
il nome un gruppo di serial killer affetti da superomismo e delirio di onnipotenza. L’album di 27
pezzi (che hanno per titolo altrettante azioni criminali della banda) è un’ideale colonna sonora
delle imprese del gruppo: avanguardia melodica iconoclasta, suoni estremi ispirati al noise, al
grindcore e allo speedcore con sventagliate di chitarra e basi elettroniche campionate a simulare
la violenza sanguinaria, archi in sottofondo per creare un effetto drammatico, campane a morto e
inserti radiofonici o rumori ambientali a sottolineare la tragicità e la tensione dell’evento. La forma
canzone è completamente abbandonata e ogni pezzo è concepito come un assalto subliminale alla
mente dell’ascoltatore costretto a non vedere l’azione (solo ad ascoltarne la furia devastante) ma
tuttavia ad intuire che sta succedendo qualcosa di orribile. In questo senso la stessa scaletta è
concepita come furibonda escalation del terrore, bisogna attendere i pezzi dedicati agli assalti ai
campi rom per ascoltare brevi introduzioni di delicata musica balcanica (23/12/1990 Bologna:
Assalto Al Campo Rom; la nota strage del Pilastro) presto spazzata via dalle sferzate death-metal
delle chitarre sovrapposte. Gli unici momenti emotivi sono affidate all’orchestrazione classica che
contraddistingue i brani più lunghi: il lied per archi e chitarra noise con finale ambient di 04/01/
1991 Bologna: Attacco Pattuglia Carabinieri, il quartetto d’archi di 02/05/1991 Bologna: Rapina
Armeria Volturno, l’adagio barocco per organo, arpa e violino di 07/10/1993 Riale (BO): Rapina
Banca, il requiem finale per archi e harmonium di 29/03/1998 Rimini: Suicidio Giuliano Savi con
una chitarra finalmente pacificata. E tuttavia Manzan/Bologna Violenta non fa nessuna
concessione: implacabile e lucidissimo quest’album è la rappresentazione di una lucida follia che
stringe i nervi e costringe a ricordare quell’epoca e quella follia temibile. Senza nessuna pietà.
www.bolognaviolenta.com/
di Alfredo Cristallo