Il 12 Febbraio del 2014 se ne è andato Roberto “Freak” Antoni l’indimenticabile e mitico leader e
voce degli Skiantos. Era malato da tempo e aveva sempre condotto una vita da “vado al massimo”
(veramente!); ma con la sua morte si chiude probabilmente in maniera definitiva l’avventura
surreale e incredibile degli Skiantos. Gli Skiantos sono stati il prodotto più genuino dell’ala creativa
e futurista del Movimento del 1977. Sono stati la risposta italiana ai gruppi punk-rock britannico
ma dai loro modelli derivarono ben poco: loro infatti erano influenzati dalla tradizione del
vaudeville scolastico e dagli scherzi da liceo (ma in maniera completamente diversa dal genere
cinematografico Animal House-Nerds). Adottarono uno stile musicale barbarico ed eversivo
ponendolo al servizio delle liriche di Freak Antoni irriverenti, spericolate, eccentriche, malati. Sono
stati quello che il rock italiano non era mai stato prima e furono uno dei gruppi di punta della
Cramps (probabilmente la migliore casa discografica italiana di sempre). Leggendari anche i loro
concerti con il gruppo vestito con impermeabili e scolapasta in testa, oppure con vestiti
elegantissimi per farseli insudiciare dal lancio di ortaggi e sostanze varie dal pubblico; o ancora
quando al festival di Bologna Rock del 1979 si presentarono sul palco con un tavolo, un televisore,
un frigo e invece di suonare misero a bollire gli spaghetti e se li mangiarono e alle proteste del
pubblico risposero “Non capite un cazzo, questa è avanguardia, pubblico di merda”. A questo
proposito ho riscoperto uno dei loro ultimi album il live unplugged del 2006, Skonnessi che
stranamente è uno dei soli due album live della loro carriera (l’altro è Ze Best Laiv del 1990).
Anche Skonnessi è un’antologia di pezzi dal 1977 al 2006 ma è anche un’irripetibile occasione di
gustare l’atmosfera demenziale e caricaturale del gruppo e apprezzare tuttavia l’abilità musicale
dei musicisti del gruppo (tutti nuovi, del vecchio gruppo rimangono solo Antoni e Fabio “Dandy
Bestia”Testoni): forse per la prima volta visto che la band aveva sempre rivendicato la propria
imperizia strumentale. E invece vengono ripescate Vacci Piano, Blues Degli Orti Metropolitani, Ho
Perso Il Filobus in versione blues, una versione jazz-lounge di Gelati, rock ruvidi come Col Mare Di
Fronte e Sono Un Ribelle Mamma, psichedelia de-evoluta come Gran Viaggione, il pop di Sesso
Pazzo, addirittura una milonga (Io Dentro). Su tutto domina la verve di Freak Antoni dadaista, anti-
retorica, dissacrante, unica nel ribaltare sistematicamente gli stilemi espressivi (Pene D’Amore e
Non Hai Vinto Ritenta che rubano i ritornelli a Lou Reed, Meglio Un Figlio Ladro Che Un Figlio
Frocio che vanta uno dei testi più significativi e lungimiranti di tutta la canzone melodica italiana).
Si chiude con Permanent Flebo ed Eptadone, i due pezzi storici del gruppo famosi per
l’indimenticabile introduzione che mimava il gergo giovanile dell’epoca.
“Ma che cazzo me ne frega ! Genere, ragazzi, genere! Ehi sbarbo smolla la biga che slumiamo la
tele. Sei fatto duro, sei fatto come un copertone. Ci facciamo ! Sbarbi sono in para dura.
Schiodiamoci, schiodiamoci. C’hai della merda ? Ma che viaggio ti fai ?!? C’hai una banana
gigantesca. Oh ma c’hai della merda o no ? Un caccolo! Ma che viaggio ti fai ? Intrippato. Britta
storia ragazzi, brutta storia. C’ho delle storie ragazzi, c’ho delle storie pese ! C’hai delle sbarbe a
mano ? No c’ho delle storie, fatti questo slego 1-2-6-9….”
Addio Freak Antoni.
di Alfredo Cristallo