ERA DELLE CADUTE – Spettacolo collettivo nello spazio del Teatro ERA
Lo spettacolo al Teatro Era di Pontedera è davvero degno di nota. Siamo andati a vederlo qualche settimana fa. Ne parliamo solo ora perché abbiamo voluto metabolizzarlo prima di raccontarvelo. Ci ha colpito moltissimo. Positivamente. Anche se le tematiche trattate non erano poi così positive, la messa in scena è riuscita a stupirci parecchio, così tanto che abbiamo preferito pensarci un po’ e non scrivere subito di getto una recensione.
La prima cosa che è saltata all’occhio di chi vi ha assistito è stato infatti l’utilizzo dello spazio scenico che non è stato confinato all’interno del limitante perimetro del palco, ma ha fatto si che l’azione si svolgesse anche al di fuori di esso e che lo stesso edificio, le attrezzature, il pubblico ne facessero parte. Uno dei personaggi della rappresentazione impersonava lo stupore di una bambina e lo stupore del pubblico stesso. Con innocenza e candore ed una rotonda e rossa palla, seguiva ogni scena e la osservava semplicemente, un po’ assorta sognante ed estasiata, con lo stesso stato d’animo che ciascuno spettatore si era ritrovato a provare… Ovviamente parlo di quegli spettatori che vanno a Teatro senza pregiudizi, per gustarselo come si gusta un buon vino. L’Era delle Cadute parla di tutte quelle cadute che possono capitare nella vita, di tutte quelle volte che può succedere di non farcela, ma ne parla come un viaggio e per questo motivo vengono invitati gli spettatori ad allacciarsi le cinture di sicurezza immaginarie sulle loro poltroncine proprio all’inizio della rappresentazione. Quasi tutte le trovate sceniche sono geniali, molto ben collegate. La difficoltà estrema e la genialità indiscussa della messa in scena è ancora più evidente se si pensa al fatto che lo spettacolo non è stato rappresentato da una sola compagnia teatrale e non è il frutto di pochi e bravi attori, ma l’unione di diversi gruppi teatrali e la fusione delle loro abilità e del loro background culturale e scenico in un modo così fluido da risultare addirittura disarmante. I vari quadri si innescano uno nell’altro senza che lo spettatore se ne accorga, i testi fanno riflettere. Solo il finale ci lascia un po’ peplessi… Un enorme uccello, o forse uno pterodattilo che non riesce a spiccare il volo perché ancorato al terreno da un palo… metafora forse dell’impossibilità di risollevarsi ed essere liberi… un pessimismo di fondo, o forse semplicemente un cinico sarcasmo. Già perché lo spettacolo mette a fuoco metaforicamente anche il nostro periodo storico, le difficoltà che ha il nostro paese il quale non riesce a risollevarsi, rappresentato in modo geniale da una bandiera tricolore che demotivati personaggi non riescono ad issare su un pennacchio e che ricade sempre a terra… Geniale anche la trovata di utilizzare acrobati che provano ad arrampicarsi su altissimi pali ma ricadono sempre a terra in maniera funambolica e altri personaggi che sembrano provenire da u qualche mondo fantascientifico e post-atomico, devastatissimo e morente traballanti su improbabili trampoli ricoperti di stracci. Molto belli in questo caso anche i costumi e la cura per un trucco piuttosto marcato che da’ sicuramente un tocco di classe all’intera scena perché permette allo spettatore di immedesimarsi totalmente. Per tutta la rappresentazione, instancabili inservienti smontano, rimontano, rivoluzionano e ricostruiscono un precarissimo spazio scenico, continuamente in movimento, che cambia in continuazione ad ogni quadro, metafora palese dello stato attuale delle cose, di un mondo continuamente sull’orlo di una caduta, perennemente rattoppato, ma che ancora non si sa come e per quanto sopravvive… La grande sala “Thierry Salmon” del Teatro Era di Pontedera viene usata così in modo estremamente creativo, così come nell’intenzione di Roberto Bacci, direttore del teatro stesso e desideroso mostrare che l’apertura mentale e la facoltà di non chiudersi nella propria identità sono fondamentali per crescere. Sua è infatti la volontà di creare progetti che superino la ristrettezza dei singoli spettacoli e la volontà di fusione. Il risultato raggiunto è notevole visto che lo spettacolo è stato concepito come una sfida, quella di rappresentare qualcosa di organico unendo nove gruppi teatali distinti: Biancofango, Carrozzeria Orfeo, OssadiSeppia, Le vie del Fool, Lo Sicco/Civilleri, Macelleria Ettore, Scenica Frammenti, Teatro delle BAmbole, Teatro dei Venti. Lo spettacolo è stato pensato ad hoc per essere rappresentato al Teatro Era ed ogni gruppo rimane in scena 7-10 minuti per ogni quadro, salvo i gruppi che hanno lavorato sui collegamenti. Un componimento che nel complesso risulta fluido ed organico nonostante le difficoltà della rappresentazione e che mette in scena in modo leggero tematiche forti. Il senso del vuoto che attanaglia la nostra epoca consumistica viene infatti presentato come un dato di fatto, un qualcosa di acquisito di cui nemmeno più ci accorgiamo ed a cui non facciamo più molto caso ormai, ma ne percepiamo cinicamente il disagio, passivamente. La cosa ci riguarda e non ci riguarda allo stesso tempo. La ferita che provoca ogni caduta è aperta, ma allo stesso tempo la via d’uscita da questo circolo vizioso non viene rappresentata. Sta a noi decidere se può o meno esistere ed essere raggiunta.
C.M. foto di Nico Bruchi