Pisa: Gract Teatro

 

GRACT è un laboratorio autogestito. Periodicamente professionisti esterni danno il loro contributo al gruppo in modo da consolidare il percorso di crescita e fornire strumenti per sviluppare una forma di teatro viva e reale.
GRACT ricerca nuove modalità di comunicazione teatrale che siano in grado di far parlare il singolo attore, il suo universo di percezioni e di emotività, e per realizzare un dialogo fatto a più livelli, alto e profondo che si concretizzi in un’intimità sincera e in uno scambio fra attori e spettatori.

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Per vedere uno spettacolo teatrale, non è necessario recarsi in una struttura, basta aggirarsi nei pressi di piazza dei Cavalieri a Pisa, magari appena dietro la scuola Normale Superiore, accanto alla mensa centrale dell’università; e si può assistere a una rappresentazione di una giovane compagnia che mette a titolo gratuito il frutto del proprio lavoro.

Scenario aperto non solo agli studenti, ma a chiunque voglia assistere alla performance di Gract Teatro, collettivo formatosi nel 2012, ma con già una lunga esperienza di lavoro insieme che li lega ormai da sette anni. E l’alchimia è stata uno degli ingredienti incisivi nella riuscita di Breve storia di Amleto (o dell’inquieto rassegnarsi a un destino), rappresentato domenica 13 giugno nello spiazzo dello studentato Fascetti; location al quanto originale che ha ospitato una performance dai contorni indefiniti, dove il teatro di prosa fa spazio allo spettacolo di strada, al musical, la fiction televisiva e il cinema. La regia di Silvia Rubes, seconda collaborazione con il gruppo pisano, presenta la tragedia sheakespiriana in un atto unico, costruito come una sceneggiatura, dove i diversi quadri si susseguono in un montaggio come uno degli ultimi serial tv. Il tempo scenico è indefinito, e le immagini si esauriscono sullo sparire dei personaggi, che spesso corrono seguendo la quinta naturale costituita dal polo universitario Carmignani. La corsa assume un valore semantico in quest’Amleto di Gract teatro: dopo aver sentito la voce del padre Amleto, si mette in fuga, seguito da Orazio e Ofelia, quest’ultima corre via dopo ogni incontro con Amleto, la regina scappa dopo lo scontro con il figlio piantandosi dietro agli spettatori disposti in due semicerchi. La fuga pertanto è segno connotativo della paura della colpa di doversi rassegnare a un destino che non si può sopportare, l’allontanamento dalla solitudine e della sofferenza, di cui diventa icona Amleto stesso. Rispetto alle rappresentazioni di Carmelo Bene, e della Societas Raffaello Sanzio, ad esempio, nei quali l’elemento caratterizzante era rispettivamente il presunto complesso edipico nel primo, e la follia nel secondo; nella versione di Gract teatro la scelta cade sulla solitudine e sulla paura di non essere valorizzati dall’esterno, angoscia che non è solo di Amleto ma un po’ di tutti i personaggi :“ Ora di’: che uomo sono io?” chiede ripetutamente Polonio al Re, usando un tono tendenzioso, “sono un uomo onesto?”; mentre Amleto urla a Ofelia: “amore non lasciarmi solo”.

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Per contrasto la rappresentazione ha un sapore di rito sociale, e gli attori usufruiscono dello spazio dietro agli spettatori annettendoli nell’accadimento scenico, senza stabilire un contatto con essi, tranne quando Orazio e Amleto invitano in due tempi diversi il pubblico allo spettacolo che si sta per rappresentare ai loro occhi. Orazio chiede al pubblico di ascoltare una storia, e qui il gioco metateatrale coincide con l’allusione al teatro di strada, così, Orazio assume vesti ambigue a metà tra un presentatore circense e l’attore di un musical – è sempre Orazio a commentare l’azione con il canto. Amleto invita il pubblico di cortigiani ad assistere alla tragedia scritta da lui, ossia la messa in scena del delitto del padre, ma anzi che rappresentare la farsa davanti al solo gruppo di attori –personaggi, Amleto include anche il pubblico nel gioco meta teatrale.

Questo lavoro di Gract Teatro e Silvia Rubes, non manca di suggerimenti e sembra voler raccogliere insieme diverse tipologie di spettacolo, e sebbene sia ricco di spunti, a volte, pare si cerchi di cucire sullo stesso tessuto tante stoffe colorate di colori troppo accesi, che per la loro tonalità non sempre sono perfettamente giustapposti; Gract Teatro, infatti, nasce come laboratorio autogestito e i cinque ragazzi hanno assimilato esperienze e stimoli totalmente diversi tra loro che forse hanno ancora bisogno di tempo per essere elaborati, ma Breve storia di Amleto, è solo il primo tentativo di uno studio ancora lungo, che troverà il giusto equilibrio tra le diverse tonalità sperimentate. Non ci resta che aspettare la prossima stoffa, e chissà che in un futuro, non troppo lontano, non si potrà provare un abito completo?

Intanto accontentiamoci di apprezzare lo stile recitativo di questi giovani attori, i quali hanno acquisito una cifra del tutto personale, capaci di coinvolgere ed emozionare il pubblico, soprattutto attraverso la passione e la serietà che traspare dalla loro interpretazione, in particolare si nota un buon uso nella mimica e della modulazione della voce, e fra tutti emergono le qualità canore di Elena di vita nella parte di Orazio, le quali hanno saputo regalare alla performance un tocco di freschezza e originalità, che si è conformato a pieno con lo spazio aperto dello studentato pisano, e hanno donato all’ultima delle infinite rappresentazioni di Amleto, una dimensione ancora inesplorata. Ci saranno ulteriori sviluppi in questo senso?

di Valentina Solinas

 

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