Gli Splatterpink sono un gruppo storico dell’underground bolognese e italiano. Vennero formati nell’ormai lontano 1990 da Diego D’Agata (basso, voce), Metello Orsini (chitarra) e il pirotecnico batterista scozzese Alastair Bristol massimo responsabile del suono iniziale della band veloce, radicale, destrutturato in linea col neo hardcore statunitense, un marchio di fabbrica destinato a durare negli anni a venire. Producono il primo demo One nel 1990, dopodiché Bristol torna in Scozia inaugurando un lungo periodo di precarietà della band che si affida a batteristi più o meno occasionali. Finché nel 1993 il gruppo raggiunge una certa stabilità con Federico Bernardi (chiatarra), Leonardo Saracino (batteria) e Alessandro Meroli al sax baritono, il che consente una svolta più jazz/noise. Nel 1994 autoproducono in tiratura limitata (1000 copie) il loro 1° LP Industrie Jazzcore che viene premiato dal pubblico. Nello stesso anno vincono il concorso Omaggio A Demetrio Stratos, vengono osannati dalla critica musicale nazionale (Rockerilla li definisce il prodotto più lucido del panorama italiano) e ottengono riconoscimenti persino da John Peel mitico DJ di BBC Radio 1 che li programma in rotazione: è il tanto atteso salto in avanti per il gruppo che può ora affinare la sua attività live dividendosi fra il circuito dei centri sociali e dei club alternativi ai tour più classici. Fra il 1996 e il 1998 escono Nutrimi e #Tre (con Ivano Zanotti alla batteria) prodotti più claustrofobici e ipercinetici. Poi nel 2001 complice una certa stanchezza il gruppo si scioglie. Nel 2013 grazie anche all’immutato affetto dei fans del web l’ultima formazione perviene ad una reunion al Locomotiv Club di Bologna dove un concerto incendiario e trionfale diviene l’abbrivo per un nuovo contratto con la Locomotiv label che porta il 01/12/14 alla pubblicazione di un nuovo album Mongolflashmob dopo 16 anni di stasi. Naturalmente l’impostazione tecnica vincente del gruppo non è cambiata. Come negli anni ’90 il sound del gruppo è il solito rompicapo stilistico, un jazz-punk-metal tanto intellettuale, quanto sgraziato sospinto dalle acrobazie di basso e chitarra, dal sax istrionesco, dai controtempi assassini della batteria. ‘E un comizio a più voci che trova immediatamente una sintesi in apertura nel brano Uwe Boll Limerick Trips un classico free punk con assolo finale di sax bebop, per venire poi confermato in Mortal Jodel, nella title-track e nelle futuristiche Voi Due (che in realtà è un pop sapientemente mascherato) e in Leccaculo che vedono l’inserimento di spezzoni di elettronica (Funcis ospite al synth). Più vicini all’hardcore sono Terratron e Sting che rinverdisce i fasti rispettivamente dei Chrome e dei Germs mentre Che Fine Ha Fatto è un curioso punk devoluto quasi freak. Il gran finale è Autocit. Un bebop devastato dagli assalti cingolati della chitarra da intermezzi free e da una coda rabbiosamente punk. Se l’ovvio modello degli Splatterpink sono i Primus e i Butthole Surfers è tuttavia assodato che durante gli anni la band non ha perso un’oncia di capacità tecnica e abilità melodica, implementandola al contrario con gli inserti delle tastiere e un gusto per i fondali prog-rock, pervenendo a un prodotto che non ha il sapore dell’heri dicebamus ma anzi la carica esplosiva del trash metal, felicemente sovrapposta a un sapientissimo jazz arricchito da un tic di surrealismo e sarcasmo.
di Alfredo Cristallo