I Vessels sono un gruppo formatosi a Leeds nel 2005 attorno a un quartetto originale formato da Martin Teff (chitarra, basso, synth), Tom Evans (elettronica, voce), Tim Mitchell (batteria) e Lee J. Malcolm (elettronica, batteria). La strumentazione usata suggerisce ovviamente che il gruppo indulgesse fin dall’inizio a una musica digitale come dimostravano i due primi singoli Yuki e Two Words And A Gesture (ambedue del 2007 e ampiamente trasmessi a BBC 1 Radio), grazie ai quali la band divenne l’ennesima “best new thing” del rock inglese. Un nuovo EP intitolato semplicemente Vessels uscì nel 2008. Con l’inserimento di Peter Wright (elettronica) e la produzione di John Congleton (lo stesso degli Explosion In The Sky) venne registrato negli USA e pubblicato il primo LP White Fields And Open Devices (2008) che presentava una band dedita a un post-rock strumentale che rastrellava in ugual misura influenze folk, jazz, metal, dance e hardcore. Dopo un tour inglese, la band ritornò negli USA per registrare sempre con Congleton il secondo album Helioscope (2011) più vicino a un estetica neofolk e lo-fi, che valse loro un ruolo da headliner al Glastonbury Festival del giugno 2011. Preannunciato dall’EP Dilate (2013), il terzo full lenght album anch’esso intitolato Dilate esce nel marzo 2015. Non tanto sorprendentemente, questo è l’album della definitiva svolta elettronica della band (abolite quasi del tutto le chitarre). Certo vengono mantenute le atmosfere maestose degli Explosion In The Sky e le orchestrazioni stratificate con profumi di ultraterreno tipiche dei Mogwai, tuttavia è chiaro che la band sta virando decisamente verso il dancefloor. E tuttavia bisogna ammettere che il gruppo ha saputo mantenere un certo rigore geometrico all’interno di un flusso di coscienza musicale che con lo scorrere dei brani si espande e fluisce liquida sia pure avvalendosi delle screziature ritmiche del breakbeat. In questo senso la struttura dell’introduttiva Vertical (trance notturna iniziale che si sviluppa fra droni sintetici e loop elettronici per chiudersi in un’estasi cosmica alla Klaus Schulze) è appunto programmatica almeno quanto lo è la successiva Elliptic, otto minuti di ritmica motorik e gioiosa psichedelia. Appaiono più complessi i successivi Echo In, un jazz rock su tappeto di elettronica cosmica e As You Are dove i bisbigli elettronici si confrontano con le fluttuazioni vocali di Isolde Freeth-Hale (voce ospite) e cori di fantasmi finali a creare un inaspettato modulo di inquietante shoegaze. Più vicine alla pista da ballo sono la successiva Attica, una disco-trance che si sviluppa fra atmosfere marziali d’imponenza wagneriana, mentre On Monos un acid-trance avvolta in nugoli sintetici rimane ancora un pop sia pure nella declinazione lounge tipica delle colonne sonore degli Air. I Vessels si riscattano con le conclusive Glass Lake e On Your Own Teen Toes, due imponenti sculture sonore che recuperano fra bassi gommosi e glaciali rumorosità industriali, vette trascendentali e arcane.
Forse Dilate non cambierà la storia della musica e forse non segnerà un prima e un poi, tuttavia lo stile dei Vessels nei suoi eleganti scenari interstellari (molto simili all’elettronica tedesca anni Settanta) dimostra impatto psicologico subliminale e magia evocatrice di mistero e suspence.
di Alfredo Cristallo