Gli Esterina sono un gruppo versiliese che prendono il nome da un personaggio delle poesie di Montale (anche se all’inizio si chiamavano Apeiron) e suonano un post-rock estremamente variegato che riesce a passare con il massimo della facilità dal minimalismo alle sonorità progressive rock. Specializzati nel curare le parti strumentali, gli Esterina si dilettano a costruire canzoni su melodie febbrili e ipnotiche. La line-up è un quintetto formato da Fabio Angeli (voce, chitarra), Giovanni Bianchini (batteria), Michele Vannucchi (basso), Lorenzo Del Grande (flauti,clarinetto, vibrafono, synth, diamonica) e Massimiliano Grasso (piano elettrico, fisarmonica harmonium, elettronica) abilissimo nello sperimentare l’incrocio delle soluzioni armoniche derivante dalla ricca strumentazione. Il gruppo ha pubblicato finora 3 LP diferroebotte nel 2008,
Indecorose_esterinasenzacorrente nel 2010 completamente acustico e nel 2011 Come Satura. Il loro IV album Dio Ti Salvi, pubblicato da Le Art Malandrine/Goodfellas e uscito nel 16 Novembre riprende il discorso dell’album precedente e lo amplia aggiungendovi un evidente tocco di autorevolezza e maturità sviluppata muovendosi su un sentiero laterale rispetto al panorama musicale tradizionale (e aggiungiamo anche mainstream) ma non per questo meno suggestivo. Tutti i brani sono infatti finemente cesellati, e seppure avvolti nelle brume dello spleen autunnale non cessano mai di stupire per quanto siano calcolati nelle sia pur minime mosse. L’iniziale Pantaloni Corti scopre subito la carta dello stilema post-rock attraverso un requiem che riscopre il valore di uno strumento dimenticato come il vibrafono. Nonostante sia un album molto cantato (e anche intensamente cantato se si ascoltano attentamente i testi) gli Esterina si rivelano maestri nel disegnare sculture sonore attraverso il dialogo costante fra le differenti abilità dei solisti nel loro strumento. Così per il noise rock della title track fra chitarra e piano dissonante mentre il vibrafono agisce da contrappunto alla melodia principale o nel maelstrom sonoro fra chitarra e violino di Stanno Tutti Bene o nel quadretto strumentale onirico di Sovrapporre eretto su ritmiche persistenti e finale intrepidamente voodobilly. Altrove il gruppo agisce direttamente sullo scheletro della canzone formulando ardite ibridazioni stilistiche dal sapore modernista come nelle novelty minimaliste di Canzonetta (una melodia da bistrot parigino e sax da jazz club) e Fabula Sangue (ancora una melodia parigina sovrapposta a un madrigale medievale). Le cose più semplici (si fa per dire) risultano Puta uno strimpellio di chitarre minimalista à la Velvet Underground, il pow wow marziale per archi e piano di Stesse Barche e il power pop trascinato da organo lisergico di Mutande. Per quanto scomposta, fuori misura, inzeppata di fasi di jamming sempre più acrobatiche, l’arte degli Esterina in quest’album ci restituiscono un ensemble capace di rendere con luciferina precisione il senso dell’assoluto moderno, non quello etereo e metafisico dei filosofi greci ma quello torvo e perverso con cui si confrontano le ansie del nostro ateo evo.
di Alfredo Cristallo