Dany Russo è un cantautore e polistrumentista pesarese rimasto intrappolato nel tempo dei concept album di progressive rock che andavano di moda a metà e nei tardi anni Settanta. Il suo primo album solista Reprise uscito per la RdAudio all’inizio di dicembre 2015 è un compendio dei dischi del periodo suonato e arrangiato con certosina accuratezza (ognuno dei 12 pezzi che compongono l’album è suonato con una chitarra acustica diversa) al fine di ricreare l’atmosfera e il sound di un’epoca dove ancora non esistevano gli artifici della musica digitale o creata al computer. Questo programma si estende all’uso di magniloquenti passaggi orchestrali, all’uso degli accordi in tritono (ovvero gli accordi del diavolo secondo la tradizione medievali ma usati anche nel gothic rock e nelle colonne sonore dei film horror), alla riscoperta della tradizione musicale rinascimentale e barocca. I riferimenti musicali di Dany Russo sono la psichedelia ariosa e pastorale dei Pink Floyd e i madrigali fiabeschi ed allegorici dei Genesis del periodo classico. Ai Pink Floyd di Ummagumma e The Dark Side si rifanno l’iniziale That’s What I Mean (ma con echi dei REM più solari), le melodrammatiche And My… e The Cure (più acustica e sinistra, impreziosita da un finale orchestrale degno di Phil Spector) mentre i Genesis vengono omaggiati in The Way I’m Livin’ (che può vantare una spettrale coda voodobilly) e nel synth pop di Nowhere Girl che fa presto a trasformarsi in un più corrivo prog-rock. Le parti centrali dell’album sono la suite in tre movimenti di The Witch (un neo-prog alla Porcupine Tree con le caratteristiche saturazioni orchestrali), The Witch And The Troll (un alt-folk arrangiato per archi e fisarmonica) e The Troll (che rispetta i canoni della psichedelia ma la arricchisce con un’intricato arrangiamento per archi, corno e clarinetto) e le tre lunghe jam finali (tutte oltre i 6 minuti) di Leaving For Planet (un’altra mutazione del sound floydiano), Trinity (un madrigale che irradia baluginanti effetti lisergici e li somma ai gorgheggi vocali di Valentina Piccione) e Sun King una ballad lenta e trasognata alla Donovan che con la sua coda di Rising Sun supera i 10 minuti di lunghezza. L’arte di Russo consiste nella sua ricerca quasi semiologica dei continui riferimenti e delle continue suggestioni all’epoca aurea del rock sinfonico e nei lambiccati arrangiamenti che danno al sound uno status tanto patinato quanto professionale. Gran parte del disco potrebbe quindi essere composto di materiale di seconda mano ma i brani che contano sono testimonianza inequivocabile di un orecchio raffinato e di un gusto musicale capace di composizioni di largo respiro. Russo ha suonato tutti gli strumenti e masterizzato l’album nel suo studio; gli unici ospiti sono la già citata Valentina Piccione (in Trinity e Leaving The Planet) e Roberto Spagnolo (al sax in The Cure). Bellissima la copertinan con un disegno a mano di Laura Mancini.
di Alfredo Cristallo